15 Gennaio 2018 | Posted in:News

“L’America non esiste, io lo so perché ci sono stato”. Perché quello che esiste è il diritto al sogno, il bisogno del viaggio, la necessità di cambiare orizzonte. Nel nome dei figli, di una terra ingrata, di un presente senza domani.

Tema attualissimo, antico e sempre nuovo, caro prima di tutto ai paleontologi che hanno seguito, con il dovuto stupore e l’inevitabile ammirazione, le tracce lasciate dai vari Homo da un continente all’altro, a partire da un milione e mezzo di anni fa.

Perché l’uomo migra da sempre, lungo gli stessi percorsi e mosso dalle stesse ragioni: le guerre, l’economia, i cambiamenti climatico-ambientali, la fame, del corpo e dell’anima.

Come dire che la storia dell’uomo altro non è se non una storia di migrazioni. Di persone e di idee, che hanno dato origine così alle varie culture. Come la nostra cultura occidentale che trae la sua ragione di essere dagli spostamenti di popoli, dalla preistoria in poi, che da sempre si sono avvicendati sul nostro continente.

Ed è sempre il cercare di andare dall’altra parte, oltre la montagna, il confine politico, il mare, l’oceano, il cercare un’altra prospettiva, che porta l’uomo a mettersi in gioco o a mettere a rischio la vita. Le migrazioni, quindi, non sono un’emergenza che irrompe prepotente nei nostri giorni, ma un elemento costitutivo della condizione umana.

La migrazione come “frenesia del viaggio”, curiosità/necessità di scoprire che cosa c’è dall’altra parte, si è rivelata, nei vari momenti storici, un carattere vincente, grazie alla straordinaria capacità di adattamento della specie umana. Le migrazioni, allora, vanno lette come segno di cambiamento e di evoluzione, laboratorio, dalla portata eccezionale, di un tempo che verrà.

È inutile, perciò, innalzare muri, reali o mentali: è piuttosto il tempo di gettare ponti, di “piantare alberi e costruire altalene”. Pensiamo ai grandi muri della storia: la Grande Muraglia cinese non ha fermato i Mongoli, così come il Vallo di Adriano non ha fermato i popoli del nord che cercavano le terre fertili del sud. L’Europa di oggi non riuscirà a trasformarsi in una cittadella inespugnabile, come non è riuscita a diventarlo l’Europa di ieri, perché quello di andare via o di restare nel proprio Paese è e va riconosciuto come un diritto universale dell’uomo.

E ci si mette anche l’economia. Come da sempre, come succedeva anche  agli Italiani migrati ovunque, i migranti con le loro rimesse garantiscono una quota importante del Prodotto  Interno Lordo del loro Paese, ma anche del Paese in cui migrano, e contribuiscono ad assicurare servizi essenziali che noi non saremmo in grado di fornire.

Per non  parlare dei cambiamenti climatici che stanno “ridisegnando” la terra, trasformando zone ospitali in zone poco vivibili e zone inospitali in zone accoglienti. Ecco, allora, che potrebbe succedere a noi di aver voglia di andare a vedere cosa c’è dall’altra parte della nostra quotidianità. E di trovare gli stessi muri…

Da: Libertà di migrare di Pietro Greco in “Rocca”, 15 luglio 2016